A Bruxelles stanno per iniziare i lavori per la costruzione di una maxi-prigione, la più grande del paese. Sorgerà ad Haren, nella periferia a nord della città, non troppo lontano dal quartier generale della Nato. Contro questa grande opera della repressione è in corso da anni una lotta portata avanti da chi non nasconde il proprio odio per qualsiasi autorità: volantini, manifesti, libri, video, manifestazioni selvagge, occupazioni, concerti, appuntamenti, dibattiti… tutto ciò ha contribuito a creare e diffondere quell’ostilità che non è rimasta sulla carta, ma si è concretizzata in decine e decine di azioni dirette. Atti materiali di rivolta avvenuti non solo nei quartieri più caldi della capitale, ma in tutto il Belgio. E, anche solo per questo motivo, impossibili da attribuire a poche teste calde.
Si tratta di una «squisita elevazione del braccio e della mente» che sta preoccupando le autorità belghe, essendosi dimostrata alla portata di tutte le collere e di tutte le intelligenze. Nonché determinata a non accettare i compromessi della politica. Ciò spiega il motivo per cui sono in molti ad essersi mobilitati, utilizzando ogni mezzo, per arrestare questa lotta contro la futura maxi-prigione di Bruxelles.
Non sono riusciti ad arrestarla i recuperatori di (estrema) sinistra che mal sopportano una lotta autorganizzata condotta in modo autonomo, senza elemosinare consensi politici, rivolta esplicitamente contro tutte le autorità.
Non sono riusciti ad arrestarla i giornalisti che in particolare nel recente periodo si sono dati da fare per trasformare i nemici di ogni galera in nemici di ogni essere umano, dipingendoli come belve assetate di sangue intenzionate a prendersela con chiunque.
Non sono riusciti ad arrestarla gli inquisitori in ermellino che hanno cercato inutilmente di dividere i sovversivi fra buoni contestatori e cattivi sabotatori.
Non sono riusciti ad arrestarla gli sgherri in uniforme o in giacca e cravatta con le loro operazioni, i quali si sono spinti fino a fare proposte indecenti pur di ottenere collaborazioni.
L’ultima di queste operazioni “anti-terrorismo” è scattata all’alba di mercoledì 10 giugno, quando i poliziotti sono stati sguinzagliati per procedere ad alcune perquisizioni ed al sequestro di ogni carta, di ogni pubblicazione, di ogni singolo volantino o manifesto, di ogni scritto e di ogni apparecchio informatico trovato nelle abitazioni perquisite e nel Passage, il locale di lotta contro la maxi-prigione. Condotti negli uffici della Polizia Federale, gli anarchici hanno rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda venendo liberati dopo alcune ore.
L’artefice di questa brillante operazione è il procuratore del Re, Patrick De Coster. Nonostante il cognome che porta, decisamente non ama i ribelli alla Thyl Ulenspiegel. Il suo lugubre ufficio sarà ora invaso da carte anarchiche. Considerato che già nel 2005 venne dato alle fiamme, è un buon auspicio. In fondo Le Passage può anche farne a meno; è già pieno di compagni, solidali, complici…
[Finimondo, 11/6/2015]